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Opere

Armando Gentilucci
Come qualcosa palpita nel fondo

Come gentilmente ci informa Enzo Porta, che dell'opera è anche dedicatario e che ha collaborato all'elaborazione dei materiali sonori contenuti nel nastro, Gentilucci gli aveva comunicato pochi mesi prima della morte l'intenzione di modificare ulteriormente la composizione, che doveva evidentemente stargli molto a cuore, essendo oggetto di una così ripetuta attenzione. Gli interventi apportati alla stesura originaria del brano riguardano esclusivamente il nastro megnetico, da cui viene del tutto espunta la recitazione di testi che collocavano in modo inequivocabile il lavoro nel solco di quella poetica dell'impegno politico cui l'autore aveva aderito con sentita partecipazione intorno alla metà degli anni Settanta. È lecito avanzare l'ipotesi che nel "tagliare" in seguito così drasticamente le parti recitate (tratte da lettere e scritti di un condannato a morte della Resistenza greca, di un contadino italiano emigrato in Germania e di un martire della causa palestinese), Gentilucci avesse avvertito l'esigenza di sfumare la nettezza di contorni dell'assunto programmatico, o meglio di riformularlo accantonando la dimensione del "manifesto", della dichiarazione ideologica, interiorizzando invece nell'evidenza più intima della parte violinistica le motivazioni contenutistiche. Il nastro diviene così una sorta di cupo e inarticolato sottofondo cui si oppone il disperato, febbrile gesticolare del solista (difficile non scorgere, nella natura e nei modi di questa opposizione, il ricordo dell'Hyperion di Maderna); nella seconda parte del brano il violino elabora alcune celule melodiche del canto partigiano Pietà l'è morta, in una dimensione di intimo ripiegamento che approda all'arresto estatico del finale, sviluppato nella regione sovracuta e finalmente non osteggiato dal nastro, in questa nuova versione fuso allo strumento in un totale accordo timbrico-espressivo.