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Compositori

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Federico Incardona
© foto di Marcello Sangiorgi
Federico Incardona - Biografia
Palermo, 1958 - 2006
Malor me bat. Graffito da Ockeghem: per Luigi Nono (1995)
per trio d'archi, tre bottiglie soffiate e crotali

Rigorosamente autodidatta, individua la sua traiettoria linguistico-cognitiva nell'esplorazione serrata dell'opera mahleriana e della Seconda Scuola di Vienna. In Webern riconosce non la "superstizione del numero" quanto, secondo la lettura di Maderna e Nono, la fulgida sinergia di rigore ed emozione, il compimento etico del Romanticismo. Considera fondamentale la frequentazione dell'Istituto di Storia della Musica dell'Università di Palermo e la successiva amicizia con Paolo Emilio Carapezza, Angelo Faja, Francesco Pennisi, Aldo Clementi, Antonino Titone, Michele Canzoneri, Aurelio Pes.

Studia sia il patrimonio musicale del Rinascimento siciliano (Pietro Vinci, Antonio Il Verso) che le estreme manifestazioni del pensiero compositivo contemporaneo: Kagel, Donatoni, Evangelisti, etc..
Sotto la guida di Paolo Emilio Carapezza ascolta per la prima volta Due voci di Sylvano Bussotti: l'opera, che gli rimarrà indelebilmente impressa, gli testimonia perentoriamente la possibilità di continuare a "pensare" in musica dopo Webern.

Scrive fra il 1975 e il 1977: Memoria per quartetto d'archi; Due Lieder su testi di Kavafis per voce e strumenti; Mit höchster Gewalt per ensemble, sua prima opera eseguita in pubblico. L'amicizia con Roberto Pagano, all'epoca direttore artistico dell' E.A.O.S.S. gli consente, tra l'altro, di "assorbire" il pensiero orchestrale "sul campo", svelando così la sua peculiare inclinazione a considerare qualsivoglia organico trattato come parte di un esaustivo, utopico, "Organon" sinfonico.

Segue un periodo di silenzio e di stasi linguistica, dovuto al tentativo impossibile di conciliare l'estremo distruttivo pensiero di Kagel e la sublime afasia di Evangelisti con la rovente eredità dello "strutturalismo" etico-emotivo di Mahler e Webern, esemplificato in sintesi, nel presente, dalle opere di Bussotti.
L'incontro con quest'ultimo prima, e con Heinz-Klaus Metzger dopo, sarà decisivo per il superamento della crisi.

Tra il 1980 e il 1981 scrive Avec un morne embrassement per piccola orchestra, eseguito alla Biennale di Venezia e pubblicato dall'editore G. Ricordi & C. Da quel momento affronta metodicamente l'esplorazione del pensiero dodecafonico, che partendo dallo studio dei FunfKlavierstucke op.23 di Schönberg ("Composizione con le note") approda alla serie weberniana dell'incompiuta Op.32, sintesi retro-progressiva dello spazio sonoro della musica d'Occidente ed occulto punto di avvio per la sua formulazione di un panserialismo "dinamico". Capitale, al riguardo, la conoscenza di Camillo Togni.

Ritrova, nella raccolta Favara-Tiby dei canti popolari siciliani, l'etica mahleriana del in corpore di questa condizione mentale in quello che resta della cultura popolare, e la riconsiderazione della polifonia
rinascimentale siciliana che di quella si nutriva, gli fa pensare in concreto, la possibilità di un linguaggio "novissimo" che procedendo da Mahler e Webern, affondi le sue radici nella profondità fisica dell'Etnia. Palermo e i suoi quartieri diventano così "centro e ondo", laboratorio privilegiato di una tentazione alla sintesi degli estremi, nella ricerca di un procedere compositivo e tradizione perpetua come e in quanto rivoluzione permanente

Importanti gli incontri e l'amicizia con Augusto Vismara, che gli farà conoscere la vita e l'opera di Giuseppe Ganduscio, sconosciuto teoreta e cantore delle remote melodie siciliane; con Roberto Fabbriciani e Ciro Scarponi, che gli sveleranno in dettaglio il pensiero compositivo dell'estrema stagione di Luigi Nono. La conoscenza di quest'ultimo e l'"iniziazione" al pensiero di Cage, "psicagoghi" Ulrike Brandt ed Alfonso Fratteggiani Bianchi, aggiungeranno alla certezza un dubbio metodico finalmente fecondo.

Aggiornato a 04/2003