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Massimo Coen - Biografia

Aracne (1994)
per violino solo

Sono trascorsi vent'anni dalla sua prima registrazione, Acqua, terra, aria, fuoco, per violino e nastro magnetico. Il primo brano composto da Massimo Coen, ricco delle asprezze tipiche del linguaggio d'avanguardia degli anni '70, è il frutto di un percorso artistico del tutto ooriginale, svilppato su un doppio binario: da un alto l'esperienza, già allora ventennale, come interprete di musica classica e contemporanea (aveva fondato il gruppo di musica da camera I Solisti di Roma nel 1961 e il quartetto Nuova Musica nel 1963), dall'altro, l'attività di improvvisazione al pianoforte e al violino, che lo aveva portato a contatto, già alla fine degli anni Sessanta, con gli esponenti di punta dell'avanguardia musicale colta, soprattutto nel'ambito di Nuova Consonanza e del mitico Beat '72, dove collaborò strettamente con Franco Evangelisti, Egisto Macchi, Mauro Bortolotti, Domenico Guaccero, Salvatore Sciarrino, Franco Donatoni, Giacinto Scesi, Vittorio Gelmetti, Antonella Neri, Giancarlo Schiaffini e Francis Uittl.

L'episodio-chiave che accelerò i tempi di questa nuova fase fu la scoperta, nel 1979, del brano Pièce pour Ivry di Bruno Maderna, una sorta di mosaico sonoro in cui l'nterprete diventa anche compositore, "reinventando" ogni volta l'ordine di esecuzione delle diverse porzioni della partitura. Per Massimo Coen, dunque, la composizione non era altro che la quadratura del cerchio, l'esito naturale di un percorso a geometria variabile. D'altronde il personaggio non ha mai nascosto la sua vocazione all'eclettismo, spaziando dalla musica barocca ai classici del Novecento, fino alle opere dei giovani compositori di oggi. Una vocazione mai abbandonata, come testimonia la lunga collaborazione creativa con il regista teatrale Carlo Quartucci (La Zattera di Babele, presente al Festival di Vienna, 1986 e al Festival di Kassel Documenta ''79), con il teatro musicale di Luigi Cinque (Multirifrazione Aiace e Genealogia del Fuoco, a Rio de Janeiroo, 1990 e Palermo, 1991), con la danza di Adriana Borriello e gli sconfinamenti nel mondo del jazz (Giorgio Gasllini, Kenny Wheeler, Steve Lacy, Bruno Tommaso e Miroslav Vitous).

E negli ultimi venti anni Coen ha assecondato, pur nella originalità del suo percorso, un'esigenza avvertita anche da altri compositori, di un recupero degli elementi linguistici del passato, affiancato a linguaggi popolari extra-colti, senza rinnegare le ricerche e le conquiste dell'avanguardia. In tal senso l'esempio più riuscito è forse il concerto per violino e orchestra Saudades do Rio, eseguito dall'orchestra nazionale del Brasile nel 1991. Mauro Bortolotti ha colto con grande acume la cifra essenziale delle composizioni di Coen: "… E questo mi pare sia anche un ritrovare antichi fili, parzialmente recisi dalla Nuova Musica, un modo per riallacciarsi ad una tradizione artigianale concetto di "mestiere dei suoni" quella dell'esecutore-improvvisatore-autore, in cui confluisce un gusto sensibilizzato della molteplicità dei ruoli assunti, dalla segmentazione del punto di vista, dalla capacità, sempre auspicabile, in musica come dappertutto, di calarsi senza fratture, né sufficienza, né pudori, nei panni di tutti coloro che legittimano e donano importanza all'esistenza di un'arte…"